LA PRIMAVERA: il risveglio della natura
In primavera, l’ecosistema alpino si risveglia. L’aumento delle temperature e delle ore di luce stimola la ripresa della crescita vegetativa: i prati tornano a tingersi di verde, muschi e licheni si rigenerano e le piante alpine sbocciano, offrendo le prime risorse alimentari ad erbivori ed impollinatori. Nel mondo animale, infatti, molte specie emergono dalla lunga quiescenza invernale, cercano cibo e si preparano alla stagione riproduttiva. Tutto si risveglia.
Gli uccelli rappresentano la classe più ricca di specie che popola queste aree, e tale biodiversità raggiunge il suo culmine con l’arrivo dei primi tepori primaverili. In questa stagione si possono osservare sia gli uccelli stanziali, che hanno trascorso l’inverno in queste zone, sia diverse specie migratrici, in fase di nidificazione o semplicemente di passaggio. Questi migratori intraprendono un lungo viaggio dalle regioni più calde, come l’Africa o il bacino del Mediterraneo, verso le aree temperate, alla ricerca di condizioni ideali per riprodursi. L’arrivo degli uccelli migratori arricchisce ulteriormente la complessità dell’ecosistema, trasformando la primavera in un periodo di straordinaria vitalità. Questa rinnovata diversità crea nuove connessioni ecologiche e dinamiche interspecifiche, rendendo la stagione un momento cruciale per l’equilibrio e la produttività dell’ambiente.
Tutto ha un costo
Gli uccelli stanziali tra cui la cinciarella (Parus major), la cincia mora (Periparus ater), il pettirosso (Erithacus rubecula), il regolo (Regulus regulus), il fiorrancino (Regulus ignicapilla) e lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), hanno da poco superato il rigido inverno ed ora sono pronti ad investire tempo ed energia nella stagione riproduttiva. Allo stesso modo, specie transahariane come la rondine (Hirundo rustica) e il balestruccio (Delichon urbicum) arrivano in questi territori per nidificare dopo una lunga migrazione dai quartieri di svernamento e si preparano a far fronte all’ulteriore carico di energie che verrà chiesto loro per la riproduzione.
Riprodursi e migrare sono attività estremamente dispendiose, e per questo è fondamentale che la fenologia di questi uccelli corrisponda alla presenza di risorse energetiche e di un clima favorevole che consenta di trovare cibo facilmente.

L’arte del corteggiare
Con l’arrivo della primavera iniziano i rituali di corteggiamento: si cerca il compagno con cui dividere l’onere della stagione riproduttiva e, una volta formate le coppie, si inizia la ricerca di luoghi propizi per la nidificazione. Nella maggior parte delle specie è il maschio a corteggiare la femmina, alla quale spetta la scelta sul compagno. Le tecniche di corteggiamento sono varie e prevedono canti complessi, acrobazie in volo, sfoggio di piumaggi vibranti oppure la costruzione di nidi complessi e doni nuziali. Un esempio tra tanti è il gallo cedrone maschio (Tetrao urogallus), che con l’arrivo della primavera inizia la corte alle femmine nell’area definita “lek”. Questa zona corrisponde spesso ad una radura dove diversi maschi si riuniscono e competono, facendo parate per ottenere il favore delle femmine, gonfiando il petto, compiendo movenze con la coda e facendo versi gutturali. Un piumaggio appariscente o l’architettura di un nido accogliente indicano alla femmina che l’aspirante compagno ha le energie per occuparsi della prole e, soprattutto, che è portatore di ottimi geni al corredo dei suoi pulcini. Tutto è fatto ad un solo grande scopo: la sopravvivenza del proprio lignaggio e della specie.

AAA Baby-sitter cercasi

Non tutti sono disposti a spendere energie per il successo del proprio nido: esempio eclatante è il cuculo (Cuculus canorus), un parassita di cova. Questo uccello non costruisce il proprio nido, ma depone un uovo in quello di altre specie, spesso passeriformi, e sfrutta le cure parentali dei genitori “adottivi”.
La specie parassitata non si accorge del pulcino intruso che, essendo molto più grande dei fratelli adottivi, toglie loro il cibo, causandone la morte. Inoltre, all’interno del becco il cuculo presenta delle membrane che mimano numerosi piccoli becchi aperti, portando spesso la specie ospite a non accorgersi che qualcosa non va, e ad assecondare le continue richieste di cibo del giovane cuculo, che ben presto sarà fino a quattro volte più grosso dei suoi inconsapevoli babysitter. Un fatto curioso è che il cuculo adulto deporrà il suo uovo nel nido della stessa specie che ha parassitato da pulcino, riuscendo a riprodurre un uovo dalle caratteristiche simili a quelli della specie ospite.
Nella buona e nella cattiva sorte, o quasi!
Spesse volte, nelle specie aviarie, le coppie sono monogame per la stagione in corso e le cure dei nuovi nati sono biparentali. Tuttavia, nella fase di cova, è spesso la femmina ad occuparsi delle uova, portando la cosiddetta “placca di incubazione”: una parte dell’addome priva di piume e con un maggior apporto di sangue ai vasi superficiali, che consente un migliore trasferimento di calore durante la cova.
Il numero delle uova deposte differisce da specie a specie, così come il tempo di incubazione, che può variare dai 15 giorni della cinciallegra (Parus major) ai 34 giorni dello sparviere (Accipiter nisus). I pulcini sono definiti “atriciali”, termine che indica nuovi nati biologicamente incapaci di sopravvivere nelle prime fasi dopo la schiusa senza le cure dei genitori. Essi non possono né volare, né cercare cibo e, soprattutto, non sono in grado di termoregolare: hanno infatti bisogno del calore corporeo dei genitori per mantenere una temperatura costante e sopravvivere.
Non è insolito che uno dei genitori diserti e abbandoni la nidiata: ciò accade spesso se le condizioni ambientali non consentono di recuperare le numerose energie spese per la riproduzione, oppure se i pulcini sono deboli e hanno poche chance di sopravvivenza. In questo caso, uno o entrambi gli adulti possono decidere di abbandonare il nido e investire le energie rimaste in una nuova e più promettente nidiata.
Se tutto va per il meglio, invece, dopo qualche settimana dalla schiusa, i pulcini si involano e, da lì a poco, saranno totalmente autonomi. È un momento di svolta per la vita dei giovani uccelli, che abbandonano la sicurezza e il calore del nido per affrontare le sfide dell’ambiente esterno.
L’ESTATE: un’esplosione di vita!
In estate, l’ecosistema alpino si trasforma in un luogo vibrante di vita e abbondanza. Le temperature più calde stimolano la crescita rigogliosa della vegetazione e l’ambiente è caratterizzato da colori vivaci, prati fioriti e boschi che offrono nutrimento e rifugio a numerose specie animali. I giovani, per la maggior parte nati in primavera, muovono i loro primi passi incerti e con una dose di istinto e insegnamento da parte degli adulti, imparano ad affrontare le sfide che questa stagione in fermento porta.
Durante i primi mesi estivi i pulcini neonati abbandonano il calore del nido, muovendo i primi voli nell’habitat alpino. Essi crescono rapidamente grazie all’abbondante disponibilità di cibo per granivori, insettivori o carnivori che offre la stagione. In tarda estate, gli uccelli che sverneranno in queste zone e che provengono dall’estremo nord, cominciano lentamente ad arrivare e a popolare i boschi, mentre i migratori che li lasceranno in autunno, per dirigersi più a sud, cominciano ad immagazzinare le energie per il lungo viaggio che dovranno affrontare
Un lungo viaggio
Alle porte della stagione calda, alcuni migratori transahariani lasciano i quartieri di svernamento africani per arrivare in Europa, dove il clima è meno torrido e dunque favorevole alla loro nidificazione. Alcune specie si riproducono nelle nostre zone, mentre altre, come la balia nera (Ficedula hypoleuca), sono solo di passaggio e raggiungono gli Stati del nord Europa per nidificare.
Alcuni di questi migratori viaggiano in vistosi gruppi, come i crocieri (Loxia curvirostra), piuttosto comuni nei boschi di abeti in estate. Questi uccelli devono il loro nome al caratteristico becco incrociato e si distinguono per un piumaggio estremamente variegato, che spazia dal giallo al rosso brillante.
Un altro particolare visitatore estivo è il re di quaglie (Crex crex), che, dopo aver svernato in Africa, raggiunge queste quote per nidificare. Con una lunghezza media di 25 cm e un’apertura alare fino a 60 cm, questo rallide trascorre la sua stagione riproduttiva nelle radure con un fitto manto erboso, dove costruisce nidi ben nascosti da predatori come volpi e faine.
Primo, difficilissimo volo
Nonostante il trambusto causato dai numerosi arrivi e partenze dei migratori, i nuovi nati delle specie nidificanti iniziano la loro vita autonoma dopo essersi involati. È una stagione fondamentale, nella quale seguono l’istinto e apprendono dai genitori come sopravvivere al mondo esterno, ricco di stimoli ma anche di pericoli.
Osservando bene tra gli alberi, è facile scorgere gruppi di giovani che vengono affiancati dagli adulti e che tentano di muovere i loro primi voli incerti. Spesso, i giovani uccelli hanno livree differenti da quella dei genitori e molti di loro non hanno ancora mutato il piumaggio da adulto. Nella cinciallegra (Parus major), per esempio, i giovani hanno colori meno accesi rispetto ai genitori e penne con una tessitura più fine. Allo stesso modo, i giovani merli (Turdus merula) presentano un piumaggio macchiettato sui toni del marroncino, molto diverso dalla fitta tessitura del piumaggio degli adulti, che nelle femmine è marrone scuro, mentre nei maschi è di un nero profondo.
L’AUTUNNO: la preparazione al freddo
In autunno, l’ecosistema alpino entra in una fase di transizione, in cui la natura si prepara al rigido inverno che sta per arrivare. La vegetazione, che ha vissuto la sua esplosione primaverile ed estiva, perde gradualmente i colori vivaci, sfumando in toni caldi di giallo e arancio. Gli alberi, come i faggi e i larici, iniziano a perdere le foglie, contribuendo a creare un paesaggio che segna il cambiamento stagionale. La luce del giorno diminuisce, mentre le temperature calano, portando con sé una serie di cambiamenti per la fauna.
In autunno, gli uccelli che sono arrivati in Europa dai quartieri di svernamento in primavera, compiono il loro viaggio di ritorno, seguiti dai giovani nati nell’anno che affronteranno il loro primo ed impegnativo viaggio verso l’Africa. Altri uccelli, migratori a corto raggio, si fermeranno nel bacino del Mediterraneo dove troveranno condizioni più miti durante l’inverno, mentre gli stanziali si preparano al rigido inverno che colpirà questi territori. Questa fase di transizione è caratterizzata dalla competizione per le risorse alimentari, che diventa più intensa con l’avvicinarsi del freddo. Chi per svenare in montagna e chi per migrare, tutte le specie hanno bisogno di energia e la competizione per il cibo si fa sempre più intensa. Nonostante il paesaggio mutato, la vita nell’ecosistema alpino prosegue, con la migrazione che svolge un ruolo fondamentale per la sopravvivenza delle specie, preparando il terreno per l’arrivo del gelo.
Andata e ritorno
In autunno, assistiamo di nuovo al passaggio migratorio, questa volta dal nord Europa verso sud. I climi rigidi invernali del nord portano diverse specie a svernare in zone più temperate, dove l’offerta di cibo è più abbondante.
In questa stagione, si possono avvistare gruppi di migratori come i lucherini (Carduelis spinus), le peppole (Fringilla montifringilla) e i fringuelli (Fringilla coelebs), che viaggiano in stormi numerosi. Altre specie, come la beccaccia (Scolopax rusticola), sono più difficili da osservare, data la presenza di pochi esemplari in queste
zone. Specie cacciabile, la beccaccia, pur rimanendo rara da vedere, è più facilmente avvistabile in autunno.
L’INVERNO: la quiete del riposo
Con l’arrivo dell’inverno, l’ecosistema alpino si trasforma sotto un manto di neve che ricopre il suolo creando un paesaggio silenzioso e ovattato. La vegetazione perde la sua rigogliosità: gli alberi decidui, ormai spogli, cedono il passo alle conifere sempreverdi, che, con il loro verde intenso, sono le uniche note di colore in un paesaggio imbiancato. Le temperature scendono drasticamente e la vita rallenta. Gli animali, più cauti e meno visibili, si adattano alla scarsità di cibo e alle rigide condizioni climatiche.
Durante l’inverno, gli uccelli stanziali, affrontano il freddo con una straordinaria capacità di adattamento. La maggior parte ha rinnovato il piumaggio dopo la stagione riproduttiva e nonostante le basse temperature, continuano a svolgere la loro attività quotidiana, cercando cibo tra gli alberi e sotto la neve, adattando la loro dieta alla stagione.
Chi è rimasto?
Con l’arrivo della neve, gli uccelli devono affrontare una sfida legata sia alle basse temperature, che alla mancanza di fogliame come riparo e alla scarsità di cibo. Nel territorio sono ormai rimaste solo le specie stanziali e alcuni svernanti, mentre gli altri migratori hanno già da tempo fatto ritorno nei quartieri di svernamento. Si assiste, dunque, a un calo della ricchezza in specie. Nei boschi, è possibile scorgere qualche pettirosso (Erithacus rubecula), cinciallegra (Parus major), regolo (Regulus regulus) e merlo (Turdus merula), freneticamente alla ricerca di qualche seme rimasto sotto la neve, e qualche rapace, come le poiane (Buteo buteo) e gli sparvieri (Accipiter nisus), in cerca di passeriformi e piccoli roditori che talvolta emergono dallo strato innevato. Altri stanziali, come il picchio nero (Dryocopus martius), la nocciolaia (Nucifraga caryocatactes), la ghiandaia (Garrulus glandarius) e la cornacchia grigia (Corvus cornix), sono facilmente avvistabili tra i rami spogli delle latifoglie, mentre tetraonidi, come il gallo cedrone (Tetrao urogallus), si possono scorgere nel sottobosco di conifere.
Gli allocchi (Strix aluco) iniziano a nidificare a partire da febbraio, spesso sfruttando nidi artificiali, come anfratti di baite e legnaie, vecchi incavi nei tronchi o nidi abbandonati di gazze e altri rapaci. Vengono deposte dalle 2 alle 3 uova, covate per circa un mese. Dopo l’involo, le cure parentali di entrambi i genitori perdurano per almeno 90 giorni, al termine dei quali i giovani allocchi sono pronti per affrontare la vita da adulti. Non è facile trovare cibo nei mesi invernali; molte delle prede dell’allocco sono in letargo, ma questa specie si è adattata bene alla caccia e, con un volo estremamente silenzioso, piomba sulle prede che non li sentono arrivare. L’allocco si ciba di piccoli anfibi, mammiferi, uccelli e qualche invertebrato, ingoia la preda intera ed elimina ossa, peli ed esoscheletri chitinosi tramite il rigurgito di borre.
LE AUTRICI
Approfondimenti a cura della dott.ssa Valentina Giongo e della dott.ssa Chiara Favaretto, biologhe specializzate nell’ambito della conservazione ed evoluzione. Laureate magistrali in Biologia Evoluzionistica presso l’Università degli Studi di Padova, entrambe si stanno specializzando nello studio degli effetti del cambiamento climatico sulle specie animali, indagando le sue ripercussioni ecologiche. Si dedicano inoltre alla divulgazione scientifica, con l’obiettivo di sensibilizzare e informare il pubblico sulle problematiche ambientali.
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