Anfibi e Rettili

LA PRIMAVERA: il risveglio della natura

In primavera, l’ecosistema alpino si risveglia. L’aumento delle temperature e delle ore di luce stimola la ripresa della crescita vegetativa: i prati tornano a tingersi di verde, muschi e licheni si rigenerano e le piante alpine sbocciano, offrendo le prime risorse alimentari ad erbivori ed impollinatori. Nel mondo animale, infatti, molte specie emergono dalla lunga quiescenza invernale, cercano cibo e si preparano alla stagione riproduttiva. Tutto si risveglia.

Primi tra i vertebrati a colonizzare la terra, gli anfibi sono una classe dalle strategie di riproduzione emblematiche, questa, per loro, è la stagione di risveglio dai rifugi invernali e di migrazione verso i luoghi di riproduzione. Dopo aver passato l’inverno in uno stato di torpore, la vita riprende ed inizia un periodo caratterizzato dallo spostamento in massa verso stagni e piccoli laghi, dove maschi e femmine si incontrano per riprodursi. Le uova, deposte in masse gelatinose, ricoprono la superficie dell’acqua e ben presto daranno vita a un elevatissimo numero di larve, non tutte però sopravviveranno e vedranno l’estate.
I rettili, allo stesso modo, escono dalla cosiddetta “brumazione” invernale e dopo un periodo di riscaldamento, iniziano anch’essi una fase di ricerca di cibo, di corteggiamento e di riproduzione.

Tutti alle zone umide!

Nonostante le basse temperature, in queste zone sono presenti diverse specie anfibie: il rospo comune (Bufo bufo), la rana montana (Rana temporaria), il tritone alpino (Triturus alpestris) e una particolare sottospecie endemica, la salamandra di Aurora (Salamandra atra aurorae).
La migrazione dai luoghi di riposo è regolata da una combinazione di fattori ambientali, tra cui la temperatura, l’umidità, la lunghezza del giorno e la quantità di pioggia. Gli anfibi spesso migrano in massa nei pressi dello specchio d’acqua più vicino e sono in grado di riconoscere e visitare la medesima zona umida ogni anno, orientandosi con l’olfatto, con la posizione del sole e con il campo magnetico terrestre.
La femmina depone migliaia di uova, prive di guscio e unite da una sostanza gelatinosa che forma delle strutture filamentose dette “grappoli” o “cordoni”, ancorandole alle sponde dello stagno o alla vegetazione circostante. Nelle rane e nei rospi, come il rospo comune e la rana montana, la fecondazione avviene esternamente al corpo. Il maschio, spesso di taglia inferiore alla femmina, sale sul suo dorso e feconda direttamente in acqua le uova deposte dalla femmina.
In altri gruppi, come i tritoni e le salamandre, rappresentati sul territorio dal tritone alpino e dalla salamandra di Aurora, la fecondazione avviene invece internamente. In queste specie, il maschio depone in acqua una capsula contenente lo sperma, detta “spermatoforo”, che viene subito prelevata dalla femmina e introdotta nel corpo tramite la cloaca, dove andrà a fecondare le uova deposte in un secondo momento. Il corteggiamento è molto vario e specie-specifico, e spesso comprende l’uso di feromoni e stimoli visivi. Nei rospi è presente una forte competizione tra i maschi, che si sfidano in gare canore: la futura partner giudica la prestanza dell’aspirante compagno dalla voce. Nelle salamandre, invece, il corteggiamento culmina con il cosiddetto “abbraccio nuziale” o “amplesso”, durante il quale il maschio trattiene la femmina nell’atto di fecondarla.
Dopo qualche giorno, a seconda della temperatura dell’acqua, le uova si schiudono dando vita alle larve, che, nel caso di rane e rospi, sono chiamate “girini”. Fin dalla schiusa, le larve sono totalmente indipendenti dai genitori: in queste specie, infatti, le cure parentali sono praticamente assenti. Le larve di salamandre e tritoni sono carnivore e si nutrono di piccoli invertebrati, mentre i girini sono erbivori e filtrano la microflora in sospensione nello stagno.
In questa fase, i giovani anfibi sono strettamente legati all’ambiente acquatico: hanno branchie e coda, che, con il passare delle settimane (circa 16), regrediranno lasciando il posto a polmoni e zampe. Questo processo è detto “metamorfosi”, ovvero trasformazione, e prevede un netto cambiamento nella morfologia di questi animali, che passano così alla fase terrestre, destinata a durare per tutto il resto della loro vita.

Quanti gradi ci sono?

In queste zone troviamo rettili come la lucertola campestre (Podarcis sicula), la vipera (Vipera aspis), la lucertola muraiola (Podarcis muralis) e l’orbettino (Anguis fragilis). La maggior parte delle specie è ovipara, ovvero depone uova già fecondate, che vengono poi covate fino alla schiusa. Altre, invece, come le vipere, sono ovovivipare: in questo caso, le uova fecondate sono mantenute all’interno del corpo della femmina fino alla schiusa e alla nascita dei piccoli. In entrambi i casi, i rettili neonati nascono completamente formati e autonomi.
La temperatura esterna ha un ruolo cruciale nella fenologia dei rettili. Essi sono animali “a sangue freddo”, ovvero ectotermi: la loro temperatura corporea non è costante, ma varia in funzione di quella ambientale. Inoltre, la temperatura può influenzare le tempistiche di fecondazione e di schiusa delle uova. La fecondazione vera e propria, infatti, può avvenire anche tempo dopo l’accoppiamento, per far sì che la deposizione e lo sviluppo dei piccoli siano compatibili con condizioni ambientali favorevoli, come l’abbondanza di cibo. Studi dimostrano che, in alcune specie, la temperatura esterna è responsabile anche della determinazione del sesso degli embrioni.

L’ESTATE: un’esplosione di vita!

In estate, l’ecosistema alpino si trasforma in un luogo vibrante di vita e abbondanza. Le temperature più calde stimolano la crescita rigogliosa della vegetazione e l’ambiente è caratterizzato da colori vivaci, prati fioriti e boschi che offrono nutrimento e rifugio a numerose specie animali. I giovani, per la maggior parte nati in primavera, muovono i loro primi passi incerti e con una dose di istinto e insegnamento da parte degli adulti, imparano ad affrontare le sfide che questa stagione in fermento porta.

In estate, gli anfibi sono molto attivi, specialmente durante le serate più fresche quando si spostano verso i corsi d’acqua dove continuano il loro ciclo riproduttivo. Nel frattempo, le larve e i girini nati in primavera si stanno sviluppando nelle acque stagnanti. L’elevato numero di nuovi nati tra gli anfibi corrisponde all’elevata presenza di insetti, loro principali prede. Questo rapporto preda-predatore svolge un ruolo importante nell’equilibrio ecologico dell’habitat.
Per i rettili, come per gli anfibi, l’estate è una stagione di attività e di riproduzione. Le lucertole e altri rettili alpini sono predatori opportunisti, anch’essi si nutrono di insetti, ma anche di piccoli anfibi, uccelli, uova e piccoli mammiferi. A loro volta anfibi e rettili diventano facili prede per rapaci e mammiferi carnivori e così la vita e l’equilibrio della foresta, scanditi dalle relazioni tra i suoi abitanti, continuano il loro ciclo.

Il gioco delle prede e i predatori


In questa stagione, gli anfibi adulti lasciano i luoghi di riproduzione per tornare alle attività nei boschi. Il rospo comune (Bufo bufo), per esempio, si rifugia in tronchi caduti e zone umide, rimanendo nascosto di giorno, mentre è più attivo di notte. Questa specie caccia principalmente insetti e lumache, ma deve ben guardarsi da predatori come rapaci, volpi, martore, ricci e rettili.
Se attaccato, il rospo comune attua diverse strategie di autodifesa, emettendo una sostanza odorosa sgradevole dalle ghiandole parotoidi, poste dietro gli occhi, gonfiando il petto e allungando le zampe per sembrare più imponente e minaccioso.
Oltre ai predatori, un altro problema da affrontare in estate è il calore eccessivo, che mal si sposa con la cute degli anfibi, la quale deve essere sempre mantenuta umida per garantire la corretta idratazione dell’animale. Anche se in queste zone non vengono mai raggiunte temperature troppo elevate, l’eccessiva esposizione diretta al sole potrebbe portare conseguenze dannose alla sopravvivenza di questi animali. Per questo motivo, gli anfibi, come i rettili, spesso adottano strategie che prevedono il preferire attività all’alba o al crepuscolo, oppure la scelta di rifugi nei pressi di corsi d’acqua.
Questa stagione ricca di vita porta grandi opportunità di caccia per i giovani rettili nati in primavera. Abili cacciatori, colpiscono le loro prede con il morso e, nel caso della vipera (Vipera aspis), anche con sostanze velenifere. Il veleno, che altro non è che un insieme di succhi gastrici modificati, viene iniettato nella preda tramite il morso e provoca rapidamente necrosi, danneggiamento dei tessuti e coagulazione del sangue, grazie alla presenza di tossine neurotossiche ed emorragiche.
Tali sostanze sono letali per le prede e potenzialmente molto pericolose anche per l’uomo, se non trattate subito con l’antidoto. Le vipere, come molti serpenti, non masticano la preda, ma la ingoiano intera, avendo le ossa del cranio estremamente flessibili e connesse tra loro da legamenti elastici. La digestione avviene direttamente dalla bocca, dove sono presenti potentissimi succhi gastrici. Le prede sono spesso uccelli, soprattutto da nido, uova, anfibi e piccoli mammiferi.

L’AUTUNNO: la preparazione al freddo

In autunno, l’ecosistema alpino entra in una fase di transizione, in cui la natura si prepara al rigido inverno che sta per arrivare. La vegetazione, che ha vissuto la sua esplosione primaverile ed estiva, perde gradualmente i colori vivaci, sfumando in toni caldi di giallo e arancio. Gli alberi, come i faggi e i larici, iniziano a perdere le foglie, contribuendo a creare un paesaggio che segna il cambiamento stagionale. La luce del giorno diminuisce, mentre le temperature calano, portando con sé una serie di cambiamenti per la fauna.

I rettili e gli anfibi, che durante l’estate si sono attivamente alimentati e si sono riprodotti, ora iniziano a rallentare la loro attività. Si rifugiano in tane o fessure nel terreno, dove resteranno per il resto della stagione fredda in uno stato di dormienza. In questa fase è necessario accumulare più possibile le riserve energetiche per affrontare il freddo e ridurre l’attività metabolica in preparazione dello stato di dormienza vera e propria in cui cadranno in pieno inverno.

La preparazione all’inverno

Gli anfibi, in autunno, devono cercare il luogo dove trascorrere l’inverno e cominciare la preparazione alla dormienza. In questa fase, non smettono del tutto la ricerca di cibo, anche se il metabolismo è molto rallentato, e escono dal rifugio per pochissime ore al giorno.
Se le temperature lo permettono, le ultime larve e i girini nati finiscono di metamorfosare e lasciano lo stagno per trovare il loro primo riparo invernale. Inizierà così la fase terrestre, che li vedrà lontani dall’acqua almeno fino alla loro prima stagione riproduttiva, quando si riavvicineranno di nuovo agli stagni dove sono nati.
Essendo animali ectotermi, i rettili sono estremamente dipendenti dalla stagione e dalle condizioni esterne di temperatura. Con l’arrivo del freddo, anche i rettili rallentano le loro attività, stanno più nascosti e sono quindi meno visibili. Possono entrare in uno stato definito “brumazione”, simile all’ibernazione delle specie a sangue caldo. I luoghi scelti come futuri rifugi invernali devono essere caldi e nascosti: sono crepe e grotte, ma anche strutture artificiali che possono trovarsi al limitare dei boschi, come fienili, lamiere, legnaie e stalle.

L’INVERNO: la quiete del riposo

Con l’arrivo dell’inverno, l’ecosistema alpino si trasforma sotto un manto di neve che ricopre il suolo creando un paesaggio silenzioso e ovattato. La vegetazione perde la sua rigogliosità: gli alberi decidui, ormai spogli, cedono il passo alle conifere sempreverdi, che, con il loro verde intenso, sono le uniche note di colore in un paesaggio imbiancato. Le temperature scendono drasticamente e la vita rallenta. Gli animali, più cauti e meno visibili, si adattano alla scarsità di cibo e alle rigide condizioni climatiche.

Correre ai ripari

In questa stagione, gli anfibi entrano finalmente nello stato di torpore vero e proprio. Le attività metaboliche sono ridotte, si riparano in rifugi invernali umidi che li proteggano dal freddo, ma che conservano l’umidità di cui l’animale ha bisogno per rimanere idratato. In questa fase delicata, vengono sfruttate le riserve di grasso del corpo, derivanti dal cibo immagazzinato in autunno. Il torpore non è il letargo, nel quale l’animale non è in grado di svegliarsi nemmeno se sollecitato; bensì, è una condizione di dormiveglia. L’animale riduce al minimo ogni tipo di attività, dalla caccia allo spostamento nel bosco, evitando il troppo dispendio energetico, non sostenibile in una stagione con scarsità di cibo. Tuttavia, può destarsi dal sonno in ogni momento e non è raro che esca dal rifugio nelle giornate più tiepide in cerca di qualcosa da mangiare. Escluse queste brevi uscite, gli anfibi, in questa fase, non mangiano, rallentano respirazione e circolazione e riducono l’apporto e il fabbisogno di ossigeno rispetto ai periodi di attività.
La rana montana (Rana temporaria) è adattata a vivere in climi gelidi, sotto la neve, spesso rifugiata sotto uno strato di fango ghiacciato. Essa ha sviluppato un meccanismo di congelamento parziale del corpo, grazie alla produzione di glicogeno e sostanze crioprotettive. Queste sostanze preservano gli organi vitali dal congelamento, che invece interessa i tessuti superficiali. Con l’arrivo delle temperature primaverili, la rana si scongela e può finalmente iniziare la fase di riproduzione.
Non potendo mantenere la temperatura costante, in inverno i rettili entrano in stato di brumazione. Il battito cardiaco e la circolazione rallentano, così come la respirazione e l’attività metabolica. Al pari dell’ibernazione, anche la brumazione corrisponde a un riposo più leggero e facilmente reversibile rispetto al letargo.
Come nell’ibernazione degli anfibi, i rettili in brumazione non mangiano e non bevono, ma sfruttano le riserve energetiche accumulate durante l’autunno. Alcune specie possono uscire dai rifugi nelle giornate più soleggiate per accumulare calore solare. Anche in inverno, nelle giornate particolarmente calde, è perciò possibile scorgere qualche individuo esposto al sole sui muretti dei sentieri.

LE AUTRICI

Approfondimenti a cura della dott.ssa Valentina Giongo e della dott.ssa Chiara Favaretto, biologhe specializzate nell’ambito della conservazione ed evoluzione. Laureate magistrali in Biologia Evoluzionistica presso l’Università degli Studi di Padova, entrambe si stanno specializzando nello studio degli effetti del cambiamento climatico sulle specie animali, indagando le sue ripercussioni ecologiche. Si dedicano inoltre alla divulgazione scientifica, con l’obiettivo di sensibilizzare e informare il pubblico sulle problematiche ambientali.

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